Le preziose osservazioni del Critico d’Arte Prof. Vito Mario Laruccia circa l’arte di Maddalena Lippo e del suo nuovo modo di “fare” pittura
Le preziose osservazioni del Critico d’Arte Prof. Vito Mario Laruccia circa l’arte di Maddalena Lippo e del suo nuovo modo di “fare” pittura
Maddalena Lippo possiede solide basi accademiche che le hanno consentito agli inizi del suo percorso artistico di produrre opere garbate e ben confezionate ma che a causa della gabbia delle regole a cui obbedivano lasciavano solo intuire la complessità del mondo interiore dell’artista e segnatamente la sua impetuosa vena professionale.
L’artista ha così intrapreso un faticoso percorso di affrancamento delle norme classiche per raggiungere la conquista di un linguaggio pittorico personale.
Nella pittura classicamente accademica l’oggetto rappresentato e il suo significato assorbono l’interesse del fruitore/spettatore e pertanto il valore squisitamente pittorico dell’opera rimane in secondo piano e quasi accessorio, sebbene il colore sia il mezzo specifico e caratterizzante il fare di pittura.
Maddalena Lippo ha pertanto invertito i termini della questione come tradizionalmente dati ponendo in valore il “fare” pittura, partendo quindi dal colorare e non dal disegnare quale operazione astratta e intellettuale che è stata ridotta a sommario canovaccio, ne discende che anche la rassicurante e razionale visione prospettica quattrocentesca con il suo cuneo di linee geometriche posizionate non poteva essere più la struttura portante della pittura di Maddalena Lippo che è invece tutta risolta nella bidimensionalità della tela sulla quale si connettono le forme che l’artista costruisce letteralmente col colore usato nella sua accezione specifica di materia lavorando il colore alla ricerca dell’immagine ne rivela la densità, la plasticità da materia, vivificata dalla azione pittorica dell’artista che stabilisce con la tela un rapporto passionale.
Infatti il grande formato prediletto dall’artista non è una scelta ma una necessità; il suo perentorio gesto pittorico ha bisogno di spazio non essendo meditato ma determinato dal rapporto che il braccio e la mano stabiliscono con gli strati profondi della sfera irrazionale dell’artista.
Attraverso la conquista di questo modo di procedere l’artista non rappresenta la realtà, non la copia ma la ricrea. Partendo di frammenti di essa scelti con sensibilità dolente e tenera, come nei suoi corpi di donna, giunge attraverso il suo “fare” pittura e svelarne i valori universali, non affastellando segni su segni ma prosciugando l’immagine coglie lo spirito segreto delle cose che ci viene posticipato attraverso la sapienza coloristica dell’artista gestita con rara sensibilità.
Taranto 07/06/2022
Critico d’arte
Vito Mario Laruccia